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venerdì 31 marzo 2017

Medjugorje mi ha rasserenato, un po’ spiazzato e ci ha saputo trasmettere qualcosa di buono.

Bosnia-Erzegovina: la Medjugorje semplice

Come sempre affrontare un’esperienza e viverla di persona ti permette di semplificarla e tutti i timori che avevo prima di partire per Medjugorje si sono dissolti, così in un batter d’occhio. Non sapevo bene se e come ne avrei parlato, pensavo fosse difficile, che si innescassero tematiche spirituali lontane da questo blog e il mio stesso modo di pormi di fronte alla fede, cosa di scarsissimo interesse per gli altri. E invece di questo luogo si parla molto e lo si conosce troppo poco, soprattutto nella fascia di lettori di blog.
La cosa migliore è partire e passarci almeno due giorni pieni, darsi tempo per visitare le tappe classiche e viverle senza fretta, ma anche qualche realtà al contorno, ascoltare le persone che ci vivono da anni, non fermarsi al primo impatto che può essere fuorviante, non andare a Medjugorje il 2 del mese per il veggente di turno che ha l’apparizione (per chi crede) pensando di portare a casa chissà quali rivelazioni. Io per scelta, anche se avrei potuto, non l’ho fatto.
Il nostro (no, non è pluralia maiestatis è che io viaggio quasi sempre con la mia famiglia) non è stato un pellegrinaggio puro. L’obiettivo del viaggio sì era raggiungere Medjugorje in Bosnia, dormire in location abbastanza spartane, capire qualcosa in più di questo luogo di fede e perché no di noi stessi. Ma appena arrivi, dopo km di autostrada croata modernissima fin dopo Spalato e dopo km di statale bosniaca in mezzo a una natura montagnosa, scabra e graffiante, verdissima, Medjugorje appare un po’ come una “cattedrale nel deserto”. E vi spiego il perché.
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In mezzo al niente, a pascoli e coltivazioni e pochi edifici costruiti ma spesso senza intonaco e finiture, di botto vedi  spuntar fuori alberghi di ogni tipo (4 stelle inclusi), aziendine, rivenditori di auto, supermercati di ultima generazione, ristoranti, negozi e più ti avvicini al centro del paese più quell’idea di spiritualità che avevi in testa si allontana colla coda tra le gambe. Il sacro diventa commerciale, la mercanzia qui è a tema, croci, rosari e madonnine di tutti i colori e dimensioni, il turismo e il benessere negli ultimi anni hanno stravolto la realtà.
Mettici anche che, appena accostata la macchina e scesi 10 min contati, torniamo e il poliziotto bosniaco prende il passaporto di mio marito e ci sveltola una multa (il passaporto te lo ridanno solo dopo il pagamento), casualmente solo agli stranieri e ai croati. Ecco, l’impressione iniziale non è stata affatto buona. E il rischio è che se uno viene a Medjugorjie per una visitina veloce veda solo questo…e scappi via!!!
Per fortuna la Sobe-Guesthouse che abbiamo scelto è completamente fuori dal paese (scelta col senno di poi azzeccatissima), dalla finestra solo verde e vigne, dentro semplici e spartane, ci riconciliano con quanto visto prima. Si parte per il Podbrdo, il colle dove nel 1981 la Madonna è apparsa a 6 bambini, che sono diventati i veggenti e che ricevono tuttora messaggi di pace, fede, amore, conversione, preghiera e digiuno.
Madonna del Podrbrdo
Immaginate una collina intera fatta di sassi, solo sassi spigolosi e scomodi. Sassi da percorrere, da salire, sassi che ti fanno perdere l’equilibrio, che ti fanno concentrare, così tanti sassi che non sai bene come ne scenderai (tantomeno tua figlia di 6 anni). Tanti hanno le scarpe, tanti si armano di bastoni per aiutarsi, ma tanti giovani o anziani scelgono di salire questa montagna di sassi a piedi nudi. E vederli mette i brividi. La notte è piovuto, la terra è diventata fango, sotto i piedi è aguzzo o scivoloso, nulla è agevole.
All’improvviso le bancarelle, le madonnine, il commercio di prima sembrano lontanissimi. Questa collina è il contrario. E’ la fatica, il sacrificio, un luogo inospitale per eccellenza. La gente sale in silenzio, senza nessun fanatismo, solo con grande rispetto. Si ferma alle stazioni di preghiera se vuole, non ho sentito un solo lamento neppure da parte di chi saliva scalzo e avrebbe avuto motivo di farlo. Ho visto famiglie con bambini venute da lontano, ho visto anziani accelerare il passo, l’aria che si respira qui è diversa. Puoi credere o non credere ma il Podbrdo non lascia indifferenti.
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L’energia particolare di questo posto, l’energia buona la senti eccome. Al di là di ogni credo. Come una specie di filigrana che ti arriva e ti spiazza. E inizio a capire perché tanti ritornano. Ci fermiamo a lungo in cima in questa quiete assoluta, ad ascoltare ed ascoltarci. E’ bello, un luogo così inospitale eppure lo scopro così accogliente  Pregare non è obbligatorio, pregare a Medjugorje viene spontaneo. Ognuno ha i suoi motivi e i suoi perché e qui mi fermo, noi avevamo i nostri e come tali devono restare.
La domenica c’è sempre molta più gente, scegliamo la messa all’aperto del Lunedì, alle 11.00 c’è in italiano. Un grande emiciclo di panchine sotto un cielo azzurro e un discreto vento (nonostante le previsioni pessime), tantissimi canti e la sensazione di una spiritualità profonda, non recitata. A seguire, a breve distanza dalla chiesa di S.Giacomo, la statua del Cristo Risorto in bronzo con le sue grandi braccia ad accogliere ogni pellegrino.
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Dalle sue ginocchia escono le “lacrime”, sembra acqua ma non lo è, e gli studi fatti non ne spiegano la natura e la quantità prodotta. Si dice che “si venga chiamati a Medjugorjie per asciugare le lacrime di Cristo, e mentre asciughiamo le sue, Lui asciugherà le nostre”. La fila di pellegrini, fazzoletti alla mano, per asciugarle e chiedere benedizioni o grazie è lunga. Mi fermo a osservarla, dalle famiglie intere, ai pellegrini di passaggio, ai malati seri, ognuno attende rispettoso il suo turno, ognuno ha il suo momento di preghiera, di ringraziamento, di richiesta. Ognuno è libero di crederci o no. Ma chi ha fede non cerca prove, e qui è evidente.
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La terza tappa è il Krizevac, il monte della Croce, dove sono avvenute altri segni e dove la salita è ancora più faticosa. Un sentiero ostico che di per sé materializza il percorso della croce. L’unica variante ai sassi su cui inerpicarsi sono i pannelli in bronzo della via Crucis…no, non pensate di venire a Medjugorje a fare i pellegrini comodi. Qui di comodo non c’è nulla, a parte le bancarelle e il mercatone della via principale. Ma quella è solo la parte più umana e consumistica di questo luogo.
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Fabio che ha fatto 15 pellegrinaggi qui e ha poi deciso di lasciare il suo paese per venire a viverci ci racconta che fino al 2007-2008 a Medjugorjie c’era ben poco, solo negli ultimi anni è arrivato il turismo di massa e tutto il “commerciale” conseguente. Prima la gente bosniaca era capace di accoglierti a dormire in casa sua. Ci spiega che dove è forte il bene è facile che si insinui altrettanto forte il male. Le sue vicissitudini, le mille difficoltà, le contraddizioni e i lati negativi della vita in Bosnia-Erzegovina. Per trasferirsi qui ci vuole davvero una motivazione interiore immensa.
Dragan e Maja, entrambi di Sarajevo, durante la guerra hanno deciso di scappare con i loro figli e ricominciare tutto da zero qui, hanno costruito una guest-house accogliente che gestiscono con professionalità e con amore (se vi serve contattatemi che vi do una dritta) e ci raccontano che tantissima gente del paese e dei dintorni vive e lavora grazie al turismo, che la zona di Medjugorjie fa da traino per il resto del paese, e che di sicuro la realtà rurale del paese è stata stravolta negli ultimi anni, ma per loro significa sopravvivenza, lavoro, benessere. E soprattutto vivere in pace, lontano dai ricordi della guerra.
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E infine suor Kornelia, fondatrice insieme a suor Josipa, dell’Orfanotrofio Obiteljski Centar Ivan Pavao II (Casa Famiglia Giovanni Paolo II) che aiuta persone ferite dalla vita, in primis bambini orfani di guerra. “Qui durante il conflitto mancava tutto. Eppure quello che serviva è sempre arrivato. La brutalità della guerra in Bosnia-Erzegovina mi ha spinto ad aiutare i più disastrati. Prima di tutto la famiglia, quella ferita, la cellula basilare della nostra società. Non abbiamo niente, ogni giorno ci viene donato molto, e tutto quello che riceviamo lo doniamo. A loro, ai bambini, agli orfani, ai più bisognosi.” Eppure questa piccola suora dei Balcani da sola sfama più di duecento bocche.
Ed è così, con gli occhi intelligenti di quei bambini che mi piace ricordare Medjugorje, quella Medjugorje che mi ha rasserenato, un po’ spiazzato e ci ha saputo trasmettere qualcosa di buono. Chiamatelo fede, amore, pace, interiorità, semplicità, come volete voi. Il nome è poco importante.
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Ps. Ripeto, le mie sono valutazioni personali, senza nessuna velleità; per esprimere una qualunque opinione su Medjugorje, però, prima andateci e poi raccontatemi le vostre, magari diversissime 

Fonte:http://allaricercadishambala.it/medjugorje-semplice/

“Ha male a un piede,capricci di una bambina, invece era leucemia” - Testimonianza di fede

articoloTESTIMONIANZE DI FEDE – A raccontare questa bella testimonianza di fede, è il papà della piccola Benedetta, Bruno Fittipaldi.
Bruno vive con sua moglie e i suoi 3 figli (Ismaele, Manuela e Benedetta) a Francavilla in Sinni. Ha scritto un libro dal titolo “Il buio della notte non è l’unico colore del cielo”, in cui racconta la malattia della piccola Benedetta dovuta alla leucemia, vissuta col sorriso e con la speranza e la fede che Dio non li avrebbe mai abbandonati.
Anche la Gazzetta del Mezzogiorno ha parlato della leucemia di Benedetta scrivendo questo titolo “Ha male a un piede – capricci di una bambina- invece era leucemia”
Successivamente Bruno Fittipaldi, ha scritto ed interpretato due cd, dedicati a Dio e alla sua famiglia.

Bruno perché ha dato questo titolo al suo libro “Il buio della notte non è l’unico colore del cielo”?
Prima di iniziare questa intervista vorrei ringraziare Rita Sberna per avermi dato la possibilità di raccontare questa mia esperienza e per poterla condividere con tanta gente. Grazie di vero cuore. Ma il ringraziamento, il riconoscimento più sentito va a Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore. Perché questo titolo ? Quando si ammalò mia figlia di leucemia, colpito da enorme dolore, non pensai minimamente che col tempo avrei potuto scrivere un libro. “Il buio della notte non è l’unico colore del cielo” è una frase di uno scrittore contemporaneo, Umberto Galimberti, che mi colpì profondamente perché è molto significativa. Io penso che tante volte si guarda alle cose materiali e non ci si rende conto che la vera felicità è ben altra. Tante persone, secondo me, nel loro piccolo vivono momenti tristi, bui, difficili. Io dico loro di non mollare mai, di lottare sempre, anche quando si pensa di non potercela fare, perché il sacrificio porta sempre a raggiungere la meta desiderata. Secondo me, non bisogna fermarsi solo all’apparenza delle cose, ma guardare oltre in senso metafisico. La notte rappresenta il buio, porta tristezza, dolore, angoscia, ma se volgiamo il nostro sguardo oltre, riusciamo a vedere la luce della speranza che fa contemplare l’infinito nella sua pienezza. Il buio, il nero non è l’unico colore del cielo, bisogna riuscire a vedere le cose sotto altre gradazioni di colori. La speranza fa si che noi possiamo allargare il nostro orizzonte e vedere con gli occhi del cuore, fino a scorgere un nuovo mondo. Anche la foto di copertina che ho voluto scegliere è molto significativa: la luce di un tramonto rappresenta la fine di un giorno, di un passato doloroso da dimenticare e il ritorno ad una nuova vita, piena di amore e felicità. Scrivere questo libro è stato per me un viaggio interiore, unico e coinvolgente, che mi ha fatto capire la bellezza della vita, quando essa è preziosa e gioiosa, anche se tante volte ci facciamo prendere dalla quotidianetà, perdendo così i veri valori della vita.

A chi sono destinati i proventi del libro?
Parte dei proventi della vendita del libro l’ho devoluta all’associazione AGEBEO “Amici di Vincenzo” di Bari e all’associazione Gianfranco LUPO “Un sorriso alla vita” di Pomarico MT, per lo studio e la cura delle leucemie e dei linfomi infantili. Io devo molto a queste due associazioni perché mi hanno aiutato in tutti i sensi. Bari dista dal mio paese quasi due ore di macchina e non potevo permettermi di fare il pentolare tutti i giorni per stare vicino a mia figlia. Per un po’ di tempo non riuscii a trovare una sistemazione, un alloggio per dormire perché i prezzi erano troppo alti, e siccome avevo anche lasciato il lavoro non potevo affrontare altre spese. Quindi per un certo periodo decisi di dormire fuori dal Policlinico dentro la mia macchina, fino a quando ho incontrato il sig. Michele Farina, presidente dell’associazione AGEBEO che come un padre mi ha accolto in una delle case famiglie. Così anche il sig. Michele Lupo presidente dell’associazione Gianfranco Lupo “Un sorriso alla vita” mi confortava telefonicamente per quello che mi era successo dandomi forza e coraggio per andare avanti.

Circa 4 anni fa, venne diagnosticata la leucemia a sua figlia Benedetta. Cosa ricorda di quel momento in cui apprese la notizia?
Quando appresi la notizia mi ricordo che mi crollò il mondo addosso, come un fulmine a ciel sereno. Non sapevo cosa mi stava succedendo. Ricordo che ci sono voluti alcuni giorni per prendere coscienza di quello che mi era accaduto e per cercare una risposta ai mille perché che mi affollavano la mente. Mi chiesi perché tutto questo? Perché proprio a noi? Perché a mia figlia Benedetta? Avevo solamente tanta rabbia dentro, non avevo più la forza di reagire. L’immagine dell’istante in cui mi hanno comunicato che la mia bambina aveva la leucemia rimarrà per sempre nella mia mente come una fotografia. In quei momenti c’è solo il desiderio di rinunciare a tutto, perché mi sentivo impotente. Quindi presi coscienza e decisi che l’unica cosa da fare era affidarsi completamente a Gesù. In ogni istante ho sempre sentito che Dio era sempre vicino, al mio fianco, che mi donava coraggio, consolazione e gioia. Ho avuto bisogno di un fondamento che mi sostenesse nelle ore più tristi, questo fondamento è stata la Bibbia la Parola di quel Dio che è l’ancora della nostra vita. Ricordo che tutto le sere recitavamo il Santo Rosario con altri genitori nel corridoio del reparto invocavamo lo Spirito Santo affinchè da lassù proteggesse i nostri bambini. Ho scoperto durante la malattia di mia figlia, che dalla vita non si deve buttare via nulla. Ogni momento, infatti, qualunque esso sia, anche quello in cui la sofferenza sembra oscurare l’orizzonte, contiene una grazia, perché è l’occasione per compiere un passo verso il Signore, verso la pienezza della nostra vita. La malattia di mia figlia è stata sicuramente un fatto negativo che mi ha completamente stravolto la mia esistenza, ma a volte penso che, se questo non fosse successo, tante cose non le avrei fatte, tante persone meravigliose non le avrei conosciute, tante esperienze non le avrei vissute. E’ stato il segno di una nuova conversione, tutto rientrava in un progetto divino.

Prima dell’inizio di questo calvario, eravate già vicini alla fede?
Io sono stato sempre una persona credente di sani principi morali. Sin da piccolo ho sempre frequentato la chiesa non solo di domenica andando a messa, ma attivamente partecipando a tante attività parrocchiali. Sono catechista da più di 20 anni e per approfondire la mia fede mi sono diplomato in teologia in un istituto di scienze religiose. La mia vita è stata sempre piena di fede. Nelle decisioni più importanti c’è stato sempre l’affidamento al Signore con la preghiera. Con la preghiera, con la Sua presenza nella mia vita è stato possibile vedere il mondo anche sotto altre gradazioni di colore e non permettere alla malattia di vincere questa battaglia. Ho incontrato Gesù, in ogni giorno della lunga degenza di Benedetta, nell’Eucarestia, nella preghiera e nella mia famiglia che mi è stata sempre vicina.

Vi siete accorti che Benedetta era affetta da leucemia, nel momento in cui cominciò ad avere dolori ad un piede?
Ricordo che tutto iniziò nel mese di luglio 2009, quando Benedetta cominciò ad avvertire dolori al piede sinistro. Io e mia moglie la portammo in ospedale a Lagonegro, un paese vicino al nostro, dove le fecero delle radiografie, ma dagli esami radiologici non emerse nessun dato allarmante. Tornati a casa ci accorgemmo che il problema persisteva, anzi peggiorava. Più passavano i giorni e più la piccola camminava male, zoppicava e piangeva per il dolore. Dopo una quindicina di giorni tornammo di nuovo in ospedale, in ortopedia, dove fu confermata la stessa diagnosi. Ma più passava il tempo e più il dolore dal piede si estendeva alla schiena. Ritornammo ancora una volta in ospedale, dove posso dire di non aver ricevuto un trattamento umano. Ci dissero che eravamo dei genitori molto apprensivi e che la bambina aveva solamente capricci. Però, invece di tornare a casa, io e mia moglie decidemmo di portare Benedetta dal pediatra di famiglia privatamente. Il pediatra si accorse subito che qualcosa non andava e con un semplice emocromo del sangue decise di mandare la bambina all’ospedale di Matera con una diagnosi ben precisa. Quindi i valori risultarono alterati e dall’ospedale di Matera il giorno seguente Benedetta fu trasferita di urgenza al Policlinico di Bari, dove fu fatto subito l’aspirato midollare e poi……………………..

Com’era Benedetta durante il periodo della sua malattia?
Benedetta, protagonista del mio libro assieme alla sua amica-nemica leucemia, nonostante i suoi 4 anni è stata per tutti noi maestra di vita, perché anche nei momenti di sofferenza ci ha insegnato a sorridere, ci ha fatto capire che non bisogna mai scoraggiarsi e lasciarsi andare, ma continuare a lottare e guardare fiduciosi avanti. E’ stata ed è una bambina dalle capacità straordinarie perché ha accettato con molta pazienza tutte quelle difficoltà che violavano il suo essere bambina. Era lei che ci dava conforto e coraggio. Ricordo che il più delle volte , io e mia moglie, per non farci vedere piangere andavamo nei corridoi del reparto o fuori dall’ospedale e lì ci sfogavamo a vicenda. Ma lei al ritorno, guardandoci negli occhi lucenti e arrossati si accorgeva che noi avevamo pianto. Un giorno mi disse: “ Papà perché tu e la mamma piangete spesso ? Se io sono qui in ospedale è perché devo guarire, quindi non devo morire”. Sono rimasto pietrificato a sentire quelle parole, e che una bambina di solo 4 anni, nel suo dolore, ci stava confortando e ci dava la forza di andare avanti. Ha sopportato la malattia con molta serenità senza lamentarsi mai, quasi felice di conformarsi a Gesù Crocifisso. Nel suo sorriso, durante la lunga degenza, si è riflesso un amore divino che la rendeva forte e coraggiosa in ogni momento della giornata. Sin dall’inizio ha accettato il lungo ricovero in ospedale, durato 7 mesi circa, nonostante leggeva nei nostri volti l’ansia, la tristezza e a volte la disperazione. Io ringrazio sempre il Signore per avermi donato la piccola Benedetta, una creatura dolce e stupenda che ha dato un’impronta indelebile nella mia vita.

Come mai decise successivamente di incidere due cd di musica cristiana?
L’esperienza di malattia di mia figlia Benedetta, l’esperienza di sofferenza, di dolore, ha fatto nascere in me il desiderio di raccontare gli eventi fondamentali di un periodo triste della mia vita, e dopo aver scritto il libro, l’incontro con il Signore ha fatto nascere in me il desiderio di scrivere e cantare per Lui. Canti che esprimono la bellezza dell’incontro con il Signore e con la sua Parola. Sono frutto dell’esperienza di amicizia e di preghiera in un tempo di riflessione e meditazione. Avvicinarmi sempre più alla Parola di Dio, al significato di sofferenza e di morte è servito a nutrire il mio cuore, oltre che la mia mente. Con la musica si comunica in modo più vero e profondo: quando gesti, parole, silenzi vogliono trovare una capacità espressiva più intensa esigono la musica. Non che le parole cambino, ma col canto acquistano una risonanza non solo acustica, ma spirituale. Il grido di gioia e di sofferenza, l’amore e l’odio, la vita e la morte, trovano nella musica una partecipazione ed una esperienza personale adeguata e piena. La musica ha uno spessore comunicativo che non può essere disatteso. Dobbiamo convincerci che solo la musica esprime in profondità tutte le parole; le parole dette senza musica non possono dire tutto il contenuto che hanno dentro. Questo vale anche per la Parola di Dio, quanto viene celebrata, pregata e vissuta in un rito cristiano. Ho scoperto che la musica aiuta a scoprire il volto di Dio, e il canto mi fa vibrare in sintonia con la sua parola, facendola comprenderla meglio. La musica, questa incredibile evanescenza di note, mi ha fatto provare emozioni e sensazioni infinite, stupende come amore, tristezza, gioia, dolore, lacrime. Ho trovato la mia vita, il mio orgoglio, la mia dignità, il mio coraggio, la mia audacia, la mia mente. La mia vita fatta di delusioni e lacrime, di amore e felicità, ho sempre desiderato un amore eterno: in momenti tristi del mio spirito ho sentito il bisogno di scrivere musica per dedicarla a nostro Signore, unica fonte di vita e speranza. Così nascono i miei due cd: “Cerco e trovo Te Gesù” e “ Amore Indelebile”.

Chi è la persona speciale di cui parla nel libro, conosciuta nel 2009?
In un capitolo del mio libro ho voluto parlare di una persona molto “speciale”, una di quelle persone che non si dimenticano facilmente e lasciano il loro segno indelebile per sempre. Una persona che non avrei mai voluto incontrare, dal suo sguardo profondo, penetrante, coinvolgente, alta, esile, dal sorriso molto accattivante, molto severa e poco affidabile. Una persona dagli occhi tetri, scuri, sempre triste, molto longeva, i suoi occhi brillavano di una luce misteriosa. Per causa sua ho pianto tanto fino al punto di odiarla con tutto il mio cuore. Io parlavo sempre male di lei e quando le parlavo lei non mi ascoltava mai, in silenzio meditava e continuava a percorrere la sua maledetta strada, accennava sempre al suo passato glorioso, alle sue infinite vittorie, ma io pensavo in cuor mio che prima o poi anche lei doveva lasciare finalmente questo mondo ed essere dimenticata da tutti. Ovviamente la persona di cui parlo è la “leucemia”. Ho voluto personificarla perché nel mio cuore ero talmente pieno di odio nei suoi confronti e nei momenti di sfogo parlavo con lei come se fosse una persona viva e vera. Mi sono sempre sentito forte nei suoi confronti perché vicino a me sentivo sempre la presenza di Gesù Cristo che mi dava forza e coraggio con la speranza di guarigione della mia piccola Benedetta.

Alla fine dei ricoveri, una caduta accidentale causò una frattura al ginocchio di Benedetta. Cosa successe poi?
Eravamo quasi alla fine dei ricoveri ospedalieri; Benedetta terminò la fase di consolidamento come da protocollo e fu dimessa in soddisfacenti condizioni generali, per un breve periodo di riposo, prima di iniziare la fase successiva di reinduzione. Purtroppo, mentre era casa, una caduta accidentale, alquanto banale, le causò una frattura al ginocchio destro, e, in seguito ad una valutazione clinica all’ospedale di Policoro, le fu applicata una valva di contenimento sull’arto interessato. Quando tornammo a bari per continuare la terapia, i dottori presero subito in considerazione la frattura al ginocchio. In previsione della rimozione della valva di contenimento, i medici effettuarono un esame scintigrafico di controllo del femore. I risultati non dimostrarono alcuna lesione ossea, ma evidenziarono una osteolisi mal definita con infiltrazione della corticale ossea. Secondo qualche dottore si sarebbe trattato di una recidiva della malattia in atto. La notizia ci sconvolse, io e mia moglie rimanemmo pietrificati. Non era possibile una recidiva; tutto stava procedendo per il verso giusto, e adesso ? Aver trepidato, sperato, combattuto….. era stato tutto invano ? Era veramente tornata a manifestarsi la leucemia nel corpo di Benedetta ? Eppure, tutto sembrava procedere così bene fino a quel momento. Disperato, cercai di pregare e dovetti constatare che nel mio cuore non regnava più la pace. Successivamente, furono effettuati ulteriori esami alla gamba di Benedetta. Fu eseguita una TAC, poi una Risonanza magnetica fino ad arrivare alla biopsia, con l’asportazione di un frammento del tessuto osseo. I risultato finali furono incoraggianti: non risultò alcun tumore, nessuna recidiva e finalmente Benedetta passò alla fase ultima di mantenimento. Qualche giorno prima che la bambina venisse dimessa dall’ospedale, festeggiammo nel reparto, dopo quasi otto mesi di lunga degenza il ritorno a casa.

C’è stato un attimo, in cui dopo la guarigione temevate che la malattia ritornasse?
La certezza della guarigione c’è sempre stata in me, visto i tanti segni che ho avuto dall’alto. Però ho avuto anche tanta paura per una ricaduta della malattia. Tanta paura che la mia piccola Benedetta non poteva farcela. Questo perché, a Bari in quel reparto di oncoematologia-pediatrica ho visto tanti bambini che purtroppo non hanno sconfitto la “bestia”. Mi sono sempre sentito impotente di fronte all’ineluttabile; mi sono sempre impegnato per raggiungere quella pace interiore per poter accettare tutte quelle prove dolorose alla quale siamo chiamati. Di fronte alla malattia, che sembra travolgere la nostra esistenza e le nostre aspirazioni, è importante avere una grande fede in Gesù Cristo, fonte della vita.

In ospedale, avete ricevuto molti segni dal cielo. Può raccontarceli?
Era il 14 Agosto 2009, vigilia di ferragosto. Il reparto di oncoematologia- pediatrica era quasi vuoto; c’erano pochi bambini ricoverati e la maggior parte dei dottori era in ferie. Eravamo a Bari solamente da due giorni e mi sembrava un’eternità, come se il tempo si fosse fermato all’improvviso. I medici avevano fatto l’aspirato midollare, per scoprire il tipo di leucemia che aveva contratto Benedetta, però ci avrebbero comunicato l’esito solamente dopo alcuni giorni, perché avevano mandato gli esami a Padova, per ulteriore conferma dello stato di malattia. Bisognava aspettare. L’attesa era lunga, la tensione alle stelle, le lancette dell’orologio sembravano essersi fermate, non c’era nessun dottore disponibile per avere un colloquio; tutto fermo, deserto. Ricordo che quel giorno avevo tanta voglia di pregare, allora lasciai in reparto mia moglie con la bambina e uscii. Fuori dal Policlinico vi è una enorme piazza, e, situata al centro, si erge una bellissima statua di San Padre Pio. Mi sedetti vicino alla statua a incominciai a recitare il Santo Rosario. Erano le ore 13:00, la piazza era deserta, il sole di Agosto cocente picchiava sull’asfalto, nessuna anima viva circolava in quel momento; il silenzio era totale. Iniziai la recita del Santo Rosario. All’improvviso, una colomba in volo si posò ai piedi della statua. In un primo momento, assorto nella preghiera, non diedi importanza alla sua presenza. Solo dopo mi accorsi che era l’unica colomba presente in quella piazza, che era lì immobile e mi fissava negli occhi. Rimase con me fino al termine del Santo Rosario. Alla fine un’altra colomba scese in volo ed entrambe volarono via lontano da me. Rimasi ancora un po’ a riflettere su quanto era successo, cosa avrebbe voluto significare quella colomba, lì accanto a me in quel momento difficile della mia vita, ma non trovai subito una risposta. Euforico per l’accaduto, raggiunsi il reparto per raccontare tutto a mia moglie. Non appena giunsi davanti a lei per esternare la mia gioia, mi bloccò perché volle raccontare quello che le era successo nello stesso momento in cui io ero fuori a pregare. Mentre Benedetta riposava, spinta da un forte desiderio di pregare, mentre sfogliava il libro della Madonna miracolosa, aveva visto apparire tra le pagine bianche una immagine di Gesù misericordioso che giaceva sull’uscio di un enorme portone illuminato da una luce bianca immensa. La visione era durata solo alcuni secondi. Di lì a poco era passato in reparto il dott. Santoro, che non era di servizio quel giorno, e le aveva comunicato l’esito degli esami di Benedetta, trasmesso dall’èquipe dei dottori di Padova. Benedetta aveva la leucemia, ma quella linfoblastica acuta, con una alta percentuale di possibilità di guarigione. Un altro episodio risale al 26 Agosto 2009, quando Benedetta fu sottoposta ad un intervento chirurgico. Le fu applicato un catetere tipo Broviac nella parte interna del collo, collegato alla vena aorta, vena centrale del cuore, per facilitare prelievi e immissioni di medicinali chemioterapici. In quella occasione, nell’attesa dell’intervento chirurgico, tenutosi in un’altra struttura ospedaliera, mia moglie mentre sostava nel corridoio fuori della stanza di Benedetta, vide nella vetrata, che separava il corridoio dall’ingresso del reparto, una figura umana di riflesso sul vetro: rappresentava una donna con il velo in testa e con le braccia aperte. Si girò di scatto, ma dietro di lei non c’era nessuno. Solamente alcuni giorni dopo, per caso, vedendo delle vecchie foto appese nella sala infermieristica, si accorse che quell’immagine che aveva visto riproduceva la statua di una Madonna che dapprima era situata nel corridoio del reparto e che era stata tolta per lavori di ristrutturazione. Comunque, dopo una lunga attesa fatta di preghiere e meditazioni, l’intervento della piccola Benedetta si concluse e andò per il verso giusto.

Che cosa vuole dire a tutti quei genitori che in questo momento sono in ospedale a combattere con la malattia dei propri figli?
Io mi rivolgo a tutte quelle persone che vivono momenti tristi e bui e dico loro di lottare sempre per andare avanti con la consapevolezza che Gesù è sempre accanto a ognuno di noi e non ci abbandona mai. Spero di vero cuore che tutti coloro che vivono momenti difficili possono trovare la luce della fede e della speranza in Gesù Cristo nostro Signore, e di avere accanto familiari ed amici capaci di sostenerli, come è stato per me; nessuno di noi nella vita meriterebbe di soffrire e in particolar modo i bambini. In conclusione vorrei dire che molti hanno condiviso la mia sofferenza e mi hanno aiutato a superarla. Hanno fatto si che non mi sentissi mai solo, regalandomi un sorriso, una parola, un abbraccio. E’ stato un lungo viaggio quello della sofferenza. La sofferenza e la malattia provocano un dolore immenso, uniscono le persone con un legame profondo, perché di fronte a situazioni drammatiche non ci sono differenze di età, di ceti sociali, ma siamo tutti uguali, viviamo tutti sotto lo stesso cielo. La sofferenza trova un senso vero solo se condivisa amorevolmente con Gesù Cristo. Vorrei dire a tutti a gran voce : “ Apriamo il nostro cuore a Gesù, affinchè operi in ognuno di noi, non dobbiamo avere paura della sua presenza”.



Fonte:http://www.papaboys.org/la-storia-di-benedetta-la-bimba-guarita-dalla-leucemia/

giovedì 30 marzo 2017

Le parole dette dall'inviato speciale del Papa appena arrivato a Medjugorje






Ecco le sue parole:
“Ci troviamo in un luogo in cui si raduna una moltitudine di pellegrini. Chiediamo tutti insieme l’intercessione della Madre di Dio, affinché apra i nostri cuori ed anche le nostre menti alla grazia divina, all’insegnamento della Chiesa ed alla Parola di Dio. Lo Spirito Santo è la nostra vita ed egli è anche l’anima della Chiesa. Cerchiamo la verità di Dio su noi stessi ed anche la verità di Dio sull’uomo. Questo luogo di preghiera è ora conosciuto nel mondo intero. Il Santo Padre è molto interessato allo sviluppo della pietà popolare che si svolge in questo luogo. Questo fa anche parte della mia missione: valutare la pastorale di questo luogo e proporre direttive che si dovranno realizzare in futuro. Vengo da un paese che ha molta devozione verso la Madre di Dio. Maria è la Regina della Polonia. Auguro a tutti voi di fare di Maria la Regina della vostra vita. Per il momento bastano queste parole”. Poi Mons. Hoser ha invocato su tutti i presenti la Benedizione di Dio.

Fonte:http://www.medjugorje.hr/ 
 

martedì 28 marzo 2017

La mia vita prima che andassi a Medjugorje era triste ed insignificante - Testimonianza

Testimonianza di Roberta

La settimana che trascorsi a Medjugorje mi cambiò totalmente la vita. Hai piedi del Krizevac, sentii l’amore della Vergine Maria che mi abbracciava e attraverso le lacrime mi liberava da tutta l’angoscia e l’ansia che avevo trattenuta in cuor mio per mio padre e per quelli che ritenevo essere stati gli errori della mia vita. La tristezza si trasformò in gioia pura e vera, quella che nasce dal cuore e quella che solo Dio può concedere, ma non era tutto, un’altra grazia mi attendeva, il perdono.
Un perdono vero, sincero che mi liberava da un peso enorme che portavo sul cuore, eppure non avevo più alcun dubbio, Dio mi aveva perdonata e mi dava una consapevolezza nuova, una capacità di comprendere ed accettare meglio anche le croci della vita, poiché proprio grazie ad esse ora mi sento rinata.
Un sacerdote che era con noi mi disse: “Sei salita su questo pullman con uno sguardo e torni a casa con un altro, completamente diverso, cerca di non perderlo” Non lo dimenticherò mai.
Tornata a casa mi resi conto che non ero più quella di prima, mi sentivo libera, un’altra persona, desiderosa di ringraziare non solo a parole, ma con i fatti quel Dio che tanto aveva fatto per me toccandomi e sanandomi nel profondo. Ho iniziato perdonando coloro che mi avevano fatto del male e non sembrava affatto difficile, era come se il mio cuore fosse stato cambiato, mi meravigliavo io stessa di quanto fosse vero quel sentimento e più raggiungevo questa consapevolezza più sentivo crescere in me la pace.      
Mio padre rimase con noi ulteriori 18 mesi e ci lasciò vivendo il suo ultimo tempo nella grazia di Dio. Nemmeno i medici ci seppero mai spiegare quanto accaduto, io invece sapevo nel mio cuore che Dio aveva ascoltato la mia preghiera. In punto di morte fece promettere a mia sorella che sarebbe andata a Medjugorje al suo posto.
Il rosario divenne il mio miglior compagno e soprattutto desideravo intensamente pregarlo insieme ad altri, proprio come si faceva a Medjugorje. Lo sentivo come una necessità e mi ritrovai a parlarne con il mio parroco che pur conoscendo la mia timidezza comprese che si trattava di una chiamata e mi invitò a creare un gruppo di preghiera nella mia parrocchia dedicato proprio alla Regina della Pace. Non credo fosse un caso che iniziò proprio il 15 settembre 2008, festa della Madonna Addolorata, anche perché me ne resi conto solo un anno dopo. In seguito ne nacquero altri 3.

Anche mio padre vi prese parte molte volte prima della sua morte e sono sicura che queste preghiere aiutarono anche la conversione di tutta la nostra famiglia, per una fede più viva e sentita. Mio padre morì con il sorriso sulle labbra, con tutti i sacramenti,  la confessione settimanale, l’eucarestia ogni giorno e l’estrema unzione datagli per ben 2 volte. Anche il mio primo rosario andò con lui, nella tasca della giacca, volevo che fosse una catena dolce che ci teneva uniti tutti a Maria come aveva fatto in quei 18 mesi di grazie.
Questi furono i primi meravigliosi frutti di Medjugorje nella mia vita che fino ad allora era triste ed insignificante, Maria e il Signore avevano dato un senso a tutto quello che sarei stata di lì in avanti una Loro discepola, le loro mani tese. L’ 8 dicembre 2008 sentii nel cuore un desiderio fortissimo di Consacrarmi al Cuore Immacolato di Maria e dopo alcuni giorni di preparazione con grande commozione mi Consacrai alla madre di Gesù presso il Cenacolo Mariano delle Missionarie di Padre Kolbe di Borgonuovo – Bologna, il mio cuore anelava ad appartenere a Maria ed essere un totus tous con Lei.
Durante il secondo pellegrinaggio a Medjugorje mi fu concessa la grazia di vivere Gesù Eucarestia con la consapevolezza che Lui è realmente presente nel Sacramento e che il mio compito non era terminato. Maria desiderava che portassi a Lei altri pellegrini altre persone bisognose del suo affetto e della mia testimonianza per poter ricevere la mia stessa grazia. Ne ero più che certa, me lo sentivo in cuore, sebbene mi sembrasse un impegno troppo grande per le mie forze era come se dentro di me qualcuno mi stesse
rassicurando che non avrei potuto contare sulle mie forze, ma su quelle della Madre Celeste e allora tutto si sarebbe compiuto secondo la Sua volontà. Così accettai di fare da tramite per la realizzazione dei Suoi piani.

Lasciai la foto di mio padre ai piedi della Madonna posta sul monte Podbrdo e quella stessa notte lo sognai bellissimo, giovane, sorridente vestito tutto di bianco, di un bianco abbagliante era davanti alla chiesa di Medjugorje e mi diceva: “Hai visto che ce l’ho fatta a venire qui, sono a casa” ricordo questo sogno come fosse ora.
Il messaggio del 2 marzo 2010 che la Madonna diede a Mirjana schiarì ogni mio dubbio. Quelle parole si stamparono non solo nella mia mente, ma anche nel mio cuore
“Cari figli, il mio Cuore materno soffre grandemente mentre guardo i miei figli che ostinatamente mettono ciò che è umano davanti a ciò che è Divino, i miei figli che, nonostante tutto ciò che li circonda e nonostante tutti i segni che vengono loro inviati, pensano di poter camminare senza mio Figlio. Non possono! Camminano verso la perdizione eterna. Perciò raduno voi che siete disposti ad aprirmi il vostro cuore, che siete disposti ad essere apostoli del mio amore, perché mi aiutiate, perché vivendo l’amore di Dio siate un esempio per coloro che non lo conoscono. Che il digiuno e la preghiera vi diano forza in questo ed io vi benedico con la benedizione materna nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”
Sentii che quel messaggio era proprio mio, mi apparteneva, come il mio cuore ora apparteneva a Lei, e non solo quello, perché le ho donato tutta la mia vita e finchè avrà bisogno di me non tarderò a risponderle: Eccomi!
Ogni giorno non posso che ringraziare il Signore per questa chiamata che mi ha rivolto, chiedo con semplice umiltà di cuore di esserne degna. Tornando alla preghiera semplice dei primi anni della mia vita. È un dolce ricordo nostalgico che rivedo: la mia famiglia riunita in preghiera che con dolcezza mi ha trasmesso i valori cristiani ed il mio grazie commosso va a quel grande uomo che era mio padre, figlio di Dio e della verità….
Arrivederci papà, ti voglio tanto bene.

Fonte:http://biscobreak.altervista.org/category/dolce-amaro/

Anche sui Social, ci deve essere la testimonianza cristiana e dobbiamo dare senso alla Rete....


Papa Francesco ai giovani: “Non state sempre attaccati al computer. Se rimango attaccato alla vita virtuale è una malattia psicologica. Ci sono cose sporche, come la pornografia".
 A una domanda sui giovani sempre più dediti all'uso del computer, il Papa ha sottolineato che "ci sono due cose differenti da considerare, le modalità e i contenuti. Una modalità che fa male all'anima è essere troppo attaccati al computer: questo toglie la libertà, ti rende schiavo. Tante famiglie si lamentano che i figli anche a tavola sono sempre al telefonino, come in un altro mondo". Secondo Bergoglio, "il linguaggio virtuale è una realtà che non possiamo negare, ma dobbiamo portarla sulla buona strada, è un progresso dell'umanità, ma quando ci porta via dalla vita comune, dalla vita sociale e familiare, o anche dallo sport o dall'arte, è una malattia psicologica". Ha poi puntato il dito contro il consumismo: "Ci sono poi i contenuti – ha proseguito -, cose sporche, come anche la pornografia, ed anche programmi vuoti, senza valori. Per esempio programmi relativisti, edonisti, consumisti, che fomentano tutte queste cose. Lo sappiamo – ha aggiunto Francesco – il consumismo è un cancro della società, il relativismo è un cancro della società: di questo parlerò nella prossima enciclica che uscirà entro questo mese".


Essere cristiani al tempo dei social 


Parlando con i giovani delle Scholas Ocurrentes, Francesco confida di essere “una frana” con il computer, eppure il Papa venuto “quasi dalla fine del mondo” capisce immediatamente che la Chiesa non solo deve stare laddove si trova l’uomo (e quindi anche nel Continente digitale), ma deve dare senso alla Rete, “umanizzarla” proprio con l’annuncio e la testimonianza del Vangelo.
Al tempo stesso, il Papa argentino coglie anche i rischi di un’iperconnessione digitale che invece di ampliare il compasso delle relazioni le ristringe fino al rischio dell’isolamento, di una “sclerosi” relazionale. Sono riflessioni, quelle di Bergoglio, che sempre più affiorano tra gli osservatori di questa nuova dimensione dell’esistenza e che trovano riscontro, per esempio, nel libro della psicologa americana Sherry Turkle: “Insieme ma soli. Perché ci aspettiamo sempre più dalla tecnologia e sempre meno dagli altri”.
Il Papa non cede però al pessimismo di chi vede nelle Reti Sociali un’irrimediabile manifestazione di decadimento delle relazioni umane. Anzi, in un qualche modo “rilancia” quando, nel suo primo Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, la 48.ma, sottolinea che Internet “può offrire maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti, e questa è una cosa buona, è un dono di Dio”.

Proprio come Benedetto XVI, Francesco si mette in gioco in prima persona: prosegue l’esperienza su Twitter, portando @Pontifex a raggiungere ogni giorno con i suoi tweet decine di milioni di persone in tutto il mondo; apre l’account Instagram @Franciscus, nel pieno del Giubileo della Misericordia, con l’intento di portare attraverso le immagini proprio un segno della tenerezza di Dio ad un’umanità spesso ferita e assetata di amore. Significativamente, inoltre, nella prima riga del motu proprio con il quale istituisce la Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede, il Pontefice scrive che i primi elementi che motivano la riforma dei mezzi di comunicazione vaticani sono “lo sviluppo dei media digitali” e i fattori della “convergenza e della interattività”. Ma come dunque si possono cogliere, anche nel Web 2.0, queste possibilità di incontro autentico – con Gesù e con il prossimo – a cui fa riferimento Francesco? Nella lettura del suo Magistero sembrano finora emergere tre punti chiave: testimonianza (proprio come in Benedetto XVI), prossimità e accompagnamento.
Se guardiamo a Internet come ad una “rete di persone e non di fili”, allora – esorta Francesco – “l’accesso alle reti digitali comporta una responsabilità per l’altro, che non vediamo ma è reale, ha la sua dignità che va rispettata”. Come a dire che il profilo o l’account non possono essere una maschera che mettiamo per “giocare” con l’altro. La grande sfida per il cristiano al tempo dei Social è allora trasformare il proprio profilo social in uno spazio di testimonianza autentica e credibile (e se necessario controcorrente, come tante volte Wojtyla, Ratzinger e Bergoglio hanno chiesto ai giovani). Anche su Facebook e negli altri nuovi “areopaghi digitali” deve sempre prevalere la persona sul ruolo. Valorizzare quindi l’aspetto umano della comunicazione su quello tecnologico.
La seconda parola chiave per il Papa è prossimità. Francesco ricorre al Parabola del Buon Samaritano per sottolineare quanto, anche nei nuovi ambienti creati dalle tecnologie digitali, sia attuale e urgente rispondere alla domanda che lo scriba rivolse a Gesù: “E chi è il mio prossimo?” (Lc 10,29). Nei Social Network, è l’esortazione del Papa, il cristiano deve farsi prossimo a tutti e a ognuno, riconoscendo che Gesù inverte la prospettiva posta dal suo interlocutore: “Non si tratta di riconoscere l’altro come un mio simile, ma della mia capacità di farmi simile all’altro”. Un cambio di sguardo dalle conseguenze enormi.
Solo se siamo davvero autentici e sappiamo farci prossimi potremo accompagnare l’umanità che abita nelle Reti Socali. Un accompagnamento che diventa cammino da fare assieme. Una sorta di sinodalità digitale. Per Francesco, infatti, “non basta passare lungo le strade digitali, cioè semplicemente essere connessi: occorre che la connessione sia accompagnata dall’incontro vero”. Il Papa ci chiede di riaccostarci all’episodio dei discepoli di Emmaus. Come ha fatto Gesù, anche la Chiesa deve nelle Reti Sociali “sapersi inserire nel dialogo con gli uomini”, “comprenderne le attese, i dubbi e le speranze”. Anche sui Social, ci incoraggia Francesco, la testimonianza cristiana “non si fa con il bombardamento di messaggi religiosi, ma con la volontà di donare se stessi agli altri”, coinvolgendosi con pazienza e rispetto nelle domande degli altri, in un “cammino di ricerca della verità e del senso dell’esistenza umana”. Proprio come fece San Paolo all’Areopago duemila anni fa. (Terza puntata – FINE. Leggi la prima e la seconda)
nella foto: la copertina del libro di Alessandro Gisotti "Il decalogo del buon comunicatore secondo Papa Francesco" (ed. Elledici)

Fonte:http://www.ucsi.it/news/opinioni/8673-da-profilo-a-testimone-essere-cristiani-al-tempo-dei-social-3.html

Medjugorje oggi è un luogo carismatico... non può essere trascurato o taciuto

Servizio Informazione Religiosa
27 marzo 2017
Bosilnia Erzegovina: Mons. Hoser partito per Medjugorje
“Medjugorje oggi è un luogo carismatico dove la gente viene con pellegrinaggi privati”, ha affermato stamattina monsignor Henryk Hoser, in partenza da Varsavia per la Bosnia-Erzegovina come inviato speciale della Santa Sede. “Il fatto che vi arrivano circa 2,5 milioni di pellegrini all’anno da tutto il mondo, e che essi ne traggono un indubbio beneficio spirituale non può essere trascurato o taciuto”, ha aggiunto il presule sottolineando che la sua missione “ha un carattere suppletivo rispetto allo studio della commissione dottrinale guidata dal cardinale Camillo Ruini” e che intende operare “per il bene dei pellegrini” affinché vengano “migliorate e coordinate più adeguatamente a livello locale le attività pastorali”. Mons. Hoser riassumerà le sue conclusioni in uno speciale rapporto che consegnerà alla Santa Sede, la quale provvederà successivamente a prendere decisioni in merito alle presunte apparizioni della Madonna che si protraggono da giugno del 1981. Nel 2014 la commissione del card. Ruini ha terminato i lavori senza giungere a un giudizio definitivo riguardo al carattere soprannaturale delle “apparizioni”. Nel caso in cui Medjugorje fosse indicato come luogo di culto disgiunto dalle apparizioni, i sei veggenti non potrebbero più diffondere ai pellegrini i “messaggi” della Madonna.

Fonte:http://agensir.it/quotidiano/2017/3/27/bosnia-erzegovina-mons-henryk-hoser-partito-per-medjugorje-come-inviato-pontificio/

lunedì 27 marzo 2017

Quello che ho sentito e provato a MEDJUGORJE, non lo avevo mai provato.

  


Torno indietro di 48 anni. All’epoca  avevo 16 anni e per la prima volta dovetti allontanarmi da casa per lavorare.  Andai in provincia di Varese ed alloggiai in un convitto di Suore. Lavoravo in una fabbrica di filati lino e canapa .
Eravamo tante  ragazze, per la maggior parte della Sardegna, mi trovavo molto bene. Tutti i giorni prima di recarci al lavoro, andavamo nella cappella con le Suore  e pregavamo la Madonna per ringraziarla e a Lei affidavamo la giornata lavorativa che dovevamo affrontare.
Mi divertiva e mi piaceva tanto stare in quel convitto di suore, con tante amiche con le quali condividere  le nostre fragilità  ed anche la nostalgia per l’essere lontani dai nostri cari.  Una certa curiosità o forse anche gelosia, ad un certo punto, me l’aveva creata una  ragazza che stava sempre con un libro  in mano  e si tratteneva nella cappella anche dopo la S. Messa e il Rosario. Un bel giorno la fermai e le chiesi: 
“Come mai ti trattieni sempre nella  cappella  e porti con te sempre un libro? Mi puoi spiegare il perchè e a cosa ti serve? 
Lei con un sorriso mi rispose che il  libro era il Vangelo  (io non sapevo neanche cosa fosse  il Vangelo) e che se lo avessi voluto me l’avrebbe prestato. Sinceramente io non sapevo che fare con il Vangelo (VEDI L’IGNORANZA?) , ma lei subito mi spiegò
“Appena la cappella è libera , entri, ti leggi una pagina a caso e la mediti”. 
Così feci, entrai nella  cappella e mi misi a sedere  nel primo inginocchiatoio, vicinissimo all’Altare , dietro all’altare c’era un affresco bellissimo, che rappresentava la Madonna col Bambino Gesù tra le sue braccia.  Cominciai a leggere , ma non capivo ciò che leggevo perchè mi sentivo distratta. Il mio sguardo d’improvviso si posò sull’immagine della  Madonna  per un attimo , ma  poi mi proposi di non distrarmi altrimenti non  mi sarei concentrata nella lettura e di conseguenza non avrei capito nulla.
Così assorta cominciai a sentire come se una  mano mi avesse toccato il mento per sollevare la mia testa e guardare l’affresco della  Madonna, non potevo crederci e nonostante i dubbi, ripresi a leggere e per l’ennesima volta sentii nuovamente la mano, che mi prese il mento e mi sollevò il volto  dicendomi: (da notare che io nella cappella ero sola) ” Guardala “; e così sollevai lo sguardo e vidi  la Madonna che piangeva e  dondolava tra le sue braccia il bambino Gesù . Vedendo quella scena ho avuto paura e scappai; mentre scappavo sentivo dentro di me una voce  che mi implorava di restare ancora lì , non ho avuto il coraggio di rientrare nella cappella, mi misi a sedere nella gradinata che stava di fronte alla cappella e cominciai a piangere come una bambina.
Il caso ha voluto che in quel momento passasse di lì la ragazza che mi aveva prestato il vangelo  e vedendomi piangere mi chiese il motivo di questo pianto.  Da quel momento, che erano le ore 15 circa sino alle 21, non ricordo più nulla, mi sono ritrovata a letto con le suore intorno e la Madre Superiora ai piedi del letto. Aprendo bene gli occhi , chiesi loro:
“Perchè mi trovo a letto e che ci fate  voi quì ? “
La Madre Superiora mi rispose : (mentre le altre suore avevano le mani giunte )
 ” Vedi Maddalena , forse tu sei stata scelta ……”
Appena ho sentito quella frase, cominciai ad urlare dicendo loro che andassero via e che tutto ciò che stava succedendo o accadendo non era per me. Si fecero il segno della  croce e andarono via, io restai a letto perchè avevo la febbre alta.
Quello che mi era accaduto io lo sentivo dentro di me come un fuoco, ma ora penso che, o per  ignoranza o per mancanza di conoscenza di Dio non ho voluto dare il vero senso all’accaduto.  E così passarono gli anni per me, questo ricordo è sempre stato nascosto  nel mio cuore. Solo dopo tanti anni l’ho raccontato ai miei figli Luca e Marzia. Solo ora ho capito  che da allora avevo lacerato una parte di me lasciando un vuoto senza aver seminato e coltivato quell’amore e quella pace che solo Gesù e Maria sanno dare.. Sì , perchè anche io come tante altre persone, mi ero persa per strada.
Non partecipavo più alla Santa Messa e non pregavo mai il S. Rosario.
Nel 2012 decisi di andare a  MEDJUGORJE, all’inizio ero entusiasta di andarci, ma quando mancavano 5 gg alla partenza, sarà perchè stavo tanto male con la schiena e con le spalle, non volevo più  fare quel pellegrinaggio, in poche parole, mi sentivo una persona molto impedita e dolorante nel fare le cose,  non riuscivo ne a vestirmi senza l’aiuto, tanto meno riuscivo a camminare bene.
ragazzaI dolori alla  schiena e alle  spalle  erano troppo forti. Ma  poi, all’improvviso dentro di me qualcosa è cambiato; mancavano un paio di giorni alla partenza e decisi di partire comunque con un gruppo meraviglioso per MEDJUGORJE. Pensavo non ci fosse più il posto sul pullman, invece con mia grande sorpresa si era liberato. Ricordo che il giorno della partenza ( non vedevo l’ora di salire sul pullman) sono caduta e mi si sono rotti gli occhiali sul viso, lasciandomi una piccola cicatrice che mi porterò come ricordo. Ma nemmeno davanti a questo mi sono fermata, sanguinante e un po’ dolorante, mi sono rialzata e finalmente sono salita sul pullman.
Pensavo anche che per me sarebbe stato uno strazio (non era  facile viaggiare 14 ore in pullman nelle condizioni in cui ero)  ma appena mi sono seduta già stavo meglio, non sentivo più il mal di schiena ne il fastidioso dolore alle spalle, al contrario, sentivo che dentro di me qualcosa si stava ricreando. La fede si stava riaccendendo e l’Amore che nel mio cuore sembrava essersi assopito, stava riaffiorando.
MedjugorjePiù ci avvicinavamo a MEDJUGORJE, e più  sentivo tante emozioni bellissime scorrere  dentro di me. Mi sembrava di riprendere quel viaggio  che era stato interrotto tanti anni prima, come se il tempo si fosse fermato a quegli anni e tutto ciò che vi era nel mezzo fosse stata solo una pausa poco importante. Arrivata a MEDJUGORJE  non stavo più male , tutti i dolori che avevo non li sentivo più, ho scalato i 2  monti senza fatica e senza dolori. La cosa più bella, è che dentro di me sentivo la presenza della Madonna che mi accompagnava in ogni momento della giornata.
Ho pianto tantissimo di gioia perchè quello che ho sentito e provato in quei giorni a MEDJUGORJE, non lo avevo mai provato. Ho capito che la Madonna non mi aveva mai abbandonata, al contrario mi stava aspettando, sapeva che sarei tornata, lo sapeva ed ora ne ho la certezza e so che non voglio lasciarla mai più.
Non finirò mai di ringraziarla, per avermi aiutata a ricucire e riempire di pace e di fede quel solco vuoto del mio cuore. Ora, questo dono ritrovato, grazie alla conversione, non voglio lasciarlo mai più per nessun motivo al mondo.  Mi sono innamorata di Maria e di Gesù. Spero che questo Amore duri tutta l’Eternità.
Maddalena B.

A Medjugorje dal 24 al 27 maggio :5° Seminario Internazionale a favore della vita.

Seminario Internazionale a favore della vita a Medjugorje


Il prossimo Seminario Internazionale, che si terrà a Medjugorje dal 24 al 27 maggio 2017, sarà il Quinto Seminario Internazionale a favore della vita. Il tema dell’Incontro sarà: “La vostra carità si arricchisca sempre più” (Fil. 1,9). Solitamente al Seminario partecipano medici e personale sanitario, difensori della vita,  coppie che hanno perso un figlio, coppie ferite da un aborto volontario o spontaneo, coppie sposate che desiderano un figlio, attivisti pro-life, vittime di violenza domestica, famiglie monogenitoriali, donne in stato di gravidanza…
 
PROGRAMMA
 
Mercoledì, 24 maggio 2017
14.00    Registrazione dei partecipanti
16.00    Introduzione al seminario
17.00    Programma serale di preghiera: Rosario, S. Messa, …
 
Giovedì, 25 maggio 2017
9.00      Preghiera
            Lezione,  testimonianze
14.00   Via crucis sul Krizevac
17.00    Programma serale  di preghiera: : Rosario, S. Messa, Adorazione Eucaristica
 
Venerdi, 26 maggio 2017
8.00      Rosario sulla Collina delle apparizioni
11.00    Lezione, testimonianze
12.00    Adorazione Eucaristica nel silenzio
15.00    Lezione, testimonianze 
17.00    Programma serale di preghiera: : Rosario, S. Messa, Venerazione della croce del Signore 
 
Sabato, 27 maggio 2017
9.00      Preghiera
9. 30     Lezione
10.30   Esperienze dei partecipanti
12.00    Santa messa conclusiva
 
ll docente del seminario è p. Ante Vučković
           
Padre Ante Vučković, ofm. Nato nel 1958 a Sinj da una famiglia numerosa, appartiene alla provincia francescana del Santissimo Redentore con sede a Spalato. Ha frequentato il seminario e il liceo classico a Sinj ed ha studiato teologia a Makarska e a Zagabria. Ordinato sacerdote nel 1983, dopo aver ricoperto la funzione di cappellano a Metković e a Monaco di Baviera, ha proseguito gli studi di filosofia in quest’ultima città e a Roma, dove ha conseguito il dottorato di ricerca con una tesi intitolata “La dimensione dell’ascolto in Martin Heidegger”. Ha insegnato filosofia a Roma, presso l’Università Pontificia Antonianum, e presso l’Istituto Francescano di Teologia di Makarska. È docente presso la Facoltà di teologia cattolica dell’Università degli Studi di Spalato. Insegna anche presso il Dipartimento di filosofia del medesimo ateneo. Tiene esercizi spirituali, seminari e rinnovamenti spirituali. È assistente e consulente spirituale. Ha pubblicato alcuni libri. Collabora a diverse riviste specializzate e a periodici di gran tiratura.
 
Il seminario si svolgerà nel salone accanto alla chiesa. Il contributo spese al seminario è di € 40 per persona. È possibile inviare le proprie adesioni al seguente indirizzo e-mail: mailto:seminar.marija@medjugorje.hr, oppure al seguente numero di fax: 00387 36 651 999 (per Marija Dugandzic).  Il numero dei partecipanti è limitato per esigenze di spazio; pertanto vi esortiamo ad inviare le vostre adesioni quanto prima. Inoltre invitiamo tutti i partecipanti  a trovarsi un alloggio a Međugorje.
 
Sia per le esigenze organizzative del seminario, sia per la vostra sicurezza, siete cortesemente pregati di considerarvi registrati soltanto quando riceverete una risposta di conferma. Se non avete ancora ricevuto tale risposta, ciò significa che non abbiamo ricevuto la vostra richiesta d’iscrizione (e quindi non abbiamo potuto registrarvi) o perché il vostro messaggio e-mail è stato inviato ad un indirizzo sbagliato, o perché il vostro computer ha un virus che blocca automaticamente l’invio della posta elettronica. Ecco perché potete ritenervi registrati soltanto quando riceverete una risposta di conferma.

sabato 25 marzo 2017

Messaggio 25 marzo 2017 - Medjugorje


"Cari figli! In questo tempo di grazia vi invito tutti ad aprire i vostri cuori alla misericordia di Dio affinché attraverso la preghiera, la penitenza e la decisione per la santità iniziate una vita nuova.
Questo tempo primaverile vi esorta, nei vostri pensieri e nei vostri cuori, alla vita nuova, al rinnovamento. Perciò, figlioli, io sono con voi per aiutarvi affinché nella determinazione diciate SÌ a Dio e ai comandamenti di Dio. Non siete soli, io sono con voi per mezzo della grazia che l'Altissimo mi dona per voi e per i vostri discendenti. Grazie per aver risposto alla mia chiamata".


Poruka od 25.03.2017
"Draga djeco, u ovom milosnom vremenu sve vas pozivam da otvorite vaše srce Božjem milosrđu,da preko molite,pokore i odluke za svetost počnete novi život.Ovo proljetno vrijeme potiče u vašim mislima i srcima na novi život,na obnovu.Zato dječice,ja sam sa vama da vam ponognem da u odlučnosti kažete DA Bogu i Božjim zapovjedima.Niste sami, ja sam sa vama po milosti koji mi Svevišnji daje za vas i vaše naraštaje.Hvala vam što ste se odazvali mom pozivu."

Oggi 25 marzo ricorre la Solennità dell’Annunciazione del Signore.

Solennità dell’Annunciazione del Signore a Medjugorje


Sabato 25 marzo : Solennità dell’Annunciazione del Signore. Le Sante Messe in lingua croata verranno celebrate, presso la chiesa parrocchiale di San Giacomo, alle ore 8:00, 13:00 e 18:00. Come ogni venticinque del mese, anche sabato 25 marzo si terrà, inoltre, la consueta Adorazione notturna mensile: dalle ore 21 alle ore 22:00 ci sarà un’ora di Adorazione comunitaria, al termine della quale il Santissimo rimarrà esposto in chiesa fino alle ore 7:00 del mattino del giorno successivo.
In questi giorni sono stati in questo luogo di preghiera famoso nel mondo gruppi di pellegrini provenienti dall’Ucraina, dagli USA, dall’Italia, dalla Croazia, dalla Polonia, dalla Francia, dalla Repubblica Ceca, dall’Austria, dalla Germania, dalla Corea, dall’Ungheria, dalla Russia, dal Canada, dal Costa Rica, dall’America Latina e dalla Slovacchia.



"Allora Maria disse: «Eccomi sono la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l'angelo si allontanò da lei"
(Lc 1,26-38).

 

Cari amici oggi è un grande giorno, è la festa dell’annuncio dell’angelo a Maria, ma anche la festa del Sì di Maria, infatti i religiosi festeggiano oggi la loro festa, la festa del loro si. Questo ci fa riflettere in maniera particolare sul nostro sì: chiediamoci se abbiamo saputo ascoltare la voce di Dio nella nostra vita, se abbiamo saputo dire il nostro sì ed oggi rinnoviamolo con fede con coraggio. Offriamo in questa domenica particolare il nostro Rosario a Maria perchè lei ci guidi al nostro Sì quotidiano alla Volontà di Dio nella nostra vita.

Cari figli, vi invito anche oggi ad aprirvi alla preghiera. Figlioli, vivete in un tempo nel quale Dio vi dona grandi grazie, ma voi non sapete utilizzarle. Vi preoccupate di tutto il resto, e dell’anima e della vita spirituale il minimo. Svegliatevi dal sonno stanco della vostra anima e dite a Dio con tutta la forza Si. Decidetevi per la conversione e la santità. Sono con voi, figlioli, e vi invito alla perfezione della vostra anima e di tutto quello che fate. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.25 marzo 2001
Il contenuto dell’Annunciazione riguarda il Messia e al tempo stesso l’intimo rapporto tra Madre e Figlio, come si deduce dalle parole dell’angelo Gabriele: “Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te, tu sei benedetta tra le donne… Lo Spirito Santo verrà sopra di te e la potenza dell’Altissimo ti renderà sotto la sua ombra per questo il bambino santo che nascerà da te sarà chiamato Figlio di Dio”. E’ a motivo di questo intimo rapporto che Maria verrà chiamata “Madre di Dio”.
L’angelo usa il linguaggio dei profeti del Vecchio Testamento nelle loro profezie messianiche, iniziando con l’invito alla gioia e garantendo l’aiuto di Dio alla Vergine prescelta all’alta missione. Maria è oggetto delle compiacenze divine: il Signore è con lei, ha trovato grazia agli occhi dell’Altissimo, sarà vergine e Madre di Dio. Maria stessa riconosce nelle parole dell’angelo i termini profetici che preludono alla rivelazione concernente il Messia. Confrontando la profondità religiosa del fidente abbandono di Maria al volere divino con ciò che vi è di soprannaturale nello stesso annuncio, possiamo affermare che al momento della sua risposta definitiva, del “fiat”, in lei era già presente in maniera reale ciò che sarebbe diventato a poco a poco manifesto nel corso della sua vita, grazie al contatto col suo divin Figlio. “Nel momento dell’Annunciazione, Maria è la più alta espressione dell’attesa di Dio e del Messia nell’Antico Testamento; è la sintesi e il punto culminante dell’attesa messianica ebraica. E’ così che la vede S. Luca nel “Magnificat”; è così che la vede la patristica che va rivivendo nella teologia contemporanea.
A causa della grazia della sua nascita senza macchia e della sua consacrazione verginale a Dio, Maria è stata, nei confronti della luce della fede, d’una ricettività eccezionalmente squisita e delicata. Grazie a ciò, ella ha indicato, nella sua persona, l’apertura fondamentale e sempre più precisa in cui doveva sbocciare l’attesa dell’Antico Testamento per Jahvè-Salvatore ”