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giovedì 18 ottobre 2018

Papa Francesco:" Dio fa miracoli a Medjugorje, c'è la grazia. Non si può negare."






La fede mariana del Papa: a Medjugorje c'è la grazia ma...


Il libro “È mia madreˮ, dialogo di Francesco con Awi Mello. Sulle apparizioni in Erzegovina: c’è gente che si converte, però manca il discernimento. La proposta di «santuarizzare» le parrocchie
Marco Roncalli

Roma Pubblicato il 17/10/2018

Nel 2007 padre Alexandre Awi Mello - brasiliano, mariologo, studi di teologia all’Università Cattolica di Santiago del Cile e alla Philosophisch-Teologische Hochschule di Vallendar in Germania, dottorato in mariologia presso l’International Marian Research Institute dell’Università di Dayton in Ohio, negli Usa - è stato uno dei due segretari della Commissione di redazione della V Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano e dei Caraibi svoltasi presso il santuario mariano di Aparecida. E per questo sacerdote, membro del Movimento apostolico di Schoenstatt, questa si è rivelata la prima occasione per collaborare «gomito a gomito» - cogliendone la sensibilità mariana - con il cardinale Jorge Mario Bergoglio allora presidente di quella commissione.  

La seconda occasione si è ripresentata sei anni dopo, quando l’arcivescovo di Buenos Aires - neoeletto Papa Francesco - gli ha chiesto di essere suo segretario e traduttore durante la visita in Brasile per la Giornata Mondiale della Gioventù. Da qui una conoscenza - che è un po’ alla base di questo libro – in cui padre Alexandre (dal 31 maggio 2017 segretario del nuovo Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita), prova a scandagliare, a partire da due ore di conversazione con il pontefice - poco dopo il Natale 2013, nel suo appartamentino a Santa Marta dove le immagini mariane non mancano (quella della Tenerezza, quella di Luján, di Schoenstatt, dei Miracoli di Santa Fe …), il suo rapporto con Maria, palesato già all’indomani dell’elezione, di prima mattina, con l’affidamento alla Vergine del pontificato nella basilica di S. Maria Maggiore (tra i pochi luoghi romani davvero familiari a Bergoglio).  
  
Come osserva subito nella prefazione a “È mia madreˮ – sottotitolo “Incontri con Maria”, edizioni Città Nuova, in libreria dal 18 ottobre 2018 - il teologo argentino Carlos María Galli (autore di “Cristo, Maria, la Chiesa e i popoli. La mariologia di papa Francescoˮ uscito con la Lev l’anno scorso), «padre Awi durante il dialogo, ha avuto la conferma di ciò che già aveva intuito: per Francesco la cosa più importante è la fede mariana del “santo popolo fedele di Dio”, che ci insegna ad amare Maria oltre la riflessione teologica. In quanto figlio e membro, come qualsiasi altro, del Popolo di Dio, Bergoglio – Francesco – partecipa del sensus fidei fidelium e si identifica con la profonda pietà mariana del popolo cristiano».  
  
Ciò detto ecco l’autore a colloquio con il Pontefice sulle origini e l’evoluzione della sua relazione con Maria, ecco domande e risposte corredate da ampie glosse. In ogni caso il discorso restituisce subito un clima lontano nel tempo. Quello di una pietà respirata in famiglia, dai genitori, dalla nonna, poi in una scuola salesiana alle porte di Buenos Aires dove Jorge entrò dodicenne: «Da lì, la mia devozione a Maria Ausiliatrice», afferma riconoscente anche verso don Enrique Pozzoli, il salesiano della comunità di Almagro che lo battezzò e ne irrobustì l’attaccamento all’Ausiliatrice, visitata spesso nella basilica dedicatale nella capitale argentina, luogo del suo battesimo, là dove Bergoglio si rifugiava da giovane (assistendo al prendere corpo della sua vocazione sino alla risposta definitiva a diciannove anni: «Fu lì che la definii: Basta, adesso sì! E fu così che decisi di entrare a far parte dei Gesuiti»), ma anche da vescovo di Buenos Aires («Ogni volta che c’era un problema, andavo lì…», «I sacerdoti del santuario dicevano: “Ecco il vescovo, dev’essere successo qualcosa di grosso!”»).  
  
Ma con il volto dell’Ausiliatrice cui ogni 24 maggio, nella sua festa, Bergoglio recava fiori («Fu così che la Vergine entrò sempre di più nel mio cuore») ecco tanti altri volti dell’unica Madre di Dio. Quello della Madonna della Mercede (conosciuta la prima volta su una medaglietta regalatagli da una suora catechista, María Loreto Tortolo). Quello della Beata Vergine del Rosario di Pompei, meta di tanti suoi pellegrinaggi a Buenos Aires (dove è pure venerata in un famoso santuario retto dai cappuccini). Quello della Vergine Maria che scioglie i nodi, che a dispetto della vulgata, Papa Francesco fa sapere di non aver mai visto ad Augusta, in Baviera dove sorge il santuario, ma di aver scoperto con piacere sulla riproduzione di un biglietto di Natale («Mi piacque l’immagine, mi piacque il fatto che Lei, portando Cristo, sciolga i nodi. Oggi ci sono così tanti razionalisti…»). Quello di Nostra Signora di Guadalupe. Quello, soprattutto, di Nostra Signora di Luján e dell’ Immacolata Concezione di Aparecida. Ed altri ancora.  
  
Volti che segnano santuari forse non sempre sufficientemente valorizzati da chierici e teologi, che meritano una pastorale specifica per quei pellegrini che li raggiungono qualche volta all’anno, cogliendo l’occasione per confessarsi, ricevere i sacramenti e pregare con devozione. Ed è in questi collegamenti, dai risvolti tutti pastorali, che nella conversazione con padre Alexander, Papa Francesco espone le sue tesi – non però sconosciute - sulla necessità di «santuarizzare le parrocchie» (tenendo le porte aperte tutto il giorno), come pure di «santuarizzare la città» (applicando a tutta l’azione ecclesiale la chiave missionaria). Tutta pastorale è poi, nel colloquio, l’insistenza sul significato del pellegrinaggio, additato ad esempio nelle esperienze vissute dal cardinal Bergoglio alla guida dei pellegrini della sua arcidiocesi al santuario nazionale di Luján: pellegrini che a loro volta a lui hanno insegnato a valorizzare la spiritualità popolare persino negli ex voto, nelle candele, nelle novene, in tante dimostrazioni di affetto («Lì ho scoperto Luján, lì ho scoperto la Madonna», afferma Papa Francesco). 
  
Non è tutto. L’autore, mariologo, ponendo le domande, recuperando altri interventi mariani e non solo del Pontefice, commentandoli, offrendo approfondimenti puntuali, mette a tema la questione della pietà popolare ancorata ad una riflessione teologica su Maria: tanto più importante quanto più radicata nella vita della Chiesa. E ci mostra come, proprio nel suo «sentire con la Chiesa», Bergoglio viva la fede mariana dall’interno. Per concludere che i suoi incontri con Maria non sono poi così diversi da quelli del popolo dei fedeli in generale o di semplici cristiani che, come lui, la chiamano «Madre» e le si rivolgono (non solo nei santuari a lei dedicati), pregandola, offrendole lacrime, gioie, provando attaccamento, detto altrimenti amore (perché «se si vuol sapere chi è Maria, si chiede ai teologi; se si vuol sapere come la si ama, bisogna chiederlo al popolo»).  
  
Insomma, afferma padre Alexander «Come membro di quel popolo di Dio, Bergoglio partecipa del sensus fidelium (senso della fede dei fedeli) e si identifica con la fede mariana del popolo cristiano». Una fede dove conta molto, come fatto e come metafora, lo sguardo. E non vi è dubbio che Bergoglio, attento a questa pietà popolare, da sempre è stato colpito non solo dallo sguardo dei figli verso Maria, ma pure ha saputo vedere quello di Maria verso i suoi figli. Così anche in queste pagine finisce per invitarci a guardare la Madre e ad affidarsi al suo sguardo. Non è un caso se, nel 2016, in un discorso ai vescovi durante la visita in Messico, Francesco faceva riferimento allo scambio di sguardi tra il popolo e la Morenita, confessando - ci ricorda l’autore di questo libro - di «aver riflettuto sul mistero di quello sguardo, di averla voluta fissare ed essere a sua volta raggiunto dai suoi occhi». E non a caso nell’“Evangelii Gaudiumˮ leggiamo che «è lì, nei santuari, dove si può osservare come Maria riunisce attorno a sé i figli che con tante fatiche vengono come pellegrini per vederla e lasciarsi guidare da lei. Già, nel 1999, in un’omelia a giovani pellegrini che avevano raggiunto Luján, Bergoglio evidenziava la necessità per loro di ricevere lo sguardo della Madre.  
  
Non solo. «Lo sguardo della Vergine ci insegna a guardare proprio coloro che guardiamo di meno e che hanno più bisogno: gli abbandonati, quelli che sono soli, i malati, quelli che non hanno di che vivere, i bambini di strada, quelli che non conoscono Gesù, quelli che non conoscono la tenerezza della Vergine, i giovani che stanno male». Così Francesco. Così il Papa che prega scorrendo la sua coroncina («Una cosa che mi rende forte tutti i giorni è pregare il Rosario alla Madonna»), che tiene sul petto una reliquia singolare («Luján è arrivata perfino a questo punto: tengo qui il panno con cui hanno pulito la statua»).  
  
Certo, più ci si inoltra nella lettura, più il volume palesa una valenza catechetica, forse facendo leva più sul cuore che la ragione. E tuttavia, soprattutto per capire il senso di alcune dichiarazioni del Pontefice, ecco l’utilità del corredo strumentale dell’autore pronto a situarle nel loro contesto teologico e storico, a cogliere nuances ed offrire postille interessanti. E i miracoli operati per intercessione di Maria ? Qui, in ogni caso, conta molto poter leggere frasi di Francesco relative ad esperienze personali, dove il primo tipo di miracolo evidenziato è quello spirituale, cioè le conversioni: «Lei scuote le coscienze» – spiega il Papa - «Occhio! In senso buono, però, cioè è la madre che ti sistema le cose». Ma come immagina questa madre Bergoglio? «La Vergine era una donna povera, viveva del lavoro di suo marito e del suo, perché sicuramente sapeva tessere e cucire. Non me la immagino come una donna ricca del paese», risponde. Forse ancor più convinto di un'altra cosa: la casa della Madonna era la casa dei poveri: «I poveri, Lei ascolta i poveri. Sì, Lei è madre dei poveri, degli indifesi. Anche nella preghiera del Salve Regina si evoca tale realtà», così ancora Francesco non a caso – e queste pagine vi danno ampio risalto- ritornato nel suo primo viaggio apostolico in visita ad Aparecida. Nel santuario brasiliano aveva detto «Dove c’è una croce da portare, lì accanto a noi c’è sempre Lei, la Madre».   
  
Ma il Papa forgiato ad Aparecida risponde qui alle domande dell’intervistatore sulla sua teologia mariana e gli accenti mariologici del suo pensiero, indicando due antifone mariane: l’Alma Redemptoris Mater, e il Sub tuum praesidium, la prima mariana nella Chiesa latina che Francesco ha chiesto ai fedeli di tutto il mondo di recitare insieme al Rosario in questo mese di ottobre per combattere le divisioni nella Chiesa. Poi additata l’icona della Madre della tenerezza torna a sottolineare che Madre di Dio «è il titolo principale ed essenziale della Madonna. Si tratta di una qualità, di un ruolo che la fede del popolo cristiano, nella sua tenera e genuina devozione per la mamma celeste, ha percepito da sempre». 
  
In un libro come questo non potevano infine mancare rimandi alle apparizioni mariane. Prima di concludere l'intervista, l’autore chiede al Papa il suo pensiero sull’argomento cominciando dal recente caso argentino della Madonna di San Nicolás: «Mi dà fastidio quando arrivano con i messaggi» – risponde Bergoglio. Aggiungendo: «La Madonna non ha mica un ufficio postale! È un’altra cosa». Francesco ammette che esistano dei fenomeni. Si spiega così: «Penso, però, che teologicamente si possano spiegare come locuzioni interne. Le locuzioni interne sono un ventaglio che va da una mera ispirazione, implicita, fino a ciò che considero una locuzione interna forte. Sono locuzioni interne che ha una persona dotata in modo particolare. Ci sono criteri di discernimento delle apparizioni, no? Uno di questi, per me, è l’obbedienza della persona alla Chiesa».  
  
E nel volume entra anche la vicenda di Medjugorje. Rammenta in proposito Francesco – «quando ero a Buenos Aires ho proibito che ci fosse una riunione che si è svolta lo stesso. Loro sapevano, però, che non ero d’accordo». Il Pontefice spiega all’intervistatore che uno dei veggenti di Medjugorje sarebbe andato in arcidiocesi per un incontro da tenersi in una chiesa. E gli dice il motivo per cui si era opposto, senza manifestare, però, la sua opinione sull’autenticità dell’apparizione. «L’ho fatto perché uno dei veggenti avrebbe parlato e avrebbe spiegato un po’ tutto e alle quattro e mezza sarebbe apparsa la Madonna. Cioè lui aveva l’agenda della Madonna. Allora ho detto: no, non voglio qui questo tipo di cose. Ho detto di no, no in chiesa», continua il Papa rivolto a padre Alexander. Subito specificando: «Bisogna distinguere, però, perché, nonostante questo, Dio fa miracoli a Medjugorje. In mezzo alle pazzie dell’uomo, Dio continua a fare miracoli. Forse ci sono fenomeni più personali. Mi arrivano delle lettere qui, ma si capisce che sono cose più che altro psicologiche. Bisogna distinguere bene le cose».  
  
Scrive ancora padre Alexander che, a passeggio per il palazzo Apostolico, Francesco è tornato sull’argomento e - quasi rielaborando i quesiti posti - ha aggiunto nuovamente: «Il discorso delle apparizioni, che sia ben chiaro. Cerca di vederlo dal lato della locuzione interna. Allora, è ovvio, come ti dicevo, che si va da un estremo all’altro. A volte quella locuzione si materializza quasi in una visione e, altre volte, può essere una semplice ispirazione». E ha continuato: «Per esempio, quelle persone sentono che la Madonna dice loro qualcosa, nella preghiera avviene una locuzione e allora dicono: “La Madonna mi ha detto questo…”. Certo. Lo esprimono in un modo che sembra che sia stata davvero un’apparizione. Ma da qui a che i veggenti siano protagonisti e organizzino apparizioni programmate… Questo è il peccato che può accompagnare una grande grazia». Insomma, detto con le parole del Vangelo, grano e zizzania che possono crescere insieme. Beninteso anche oggi. Afferma Papa Francesco: «Credo che a Medjugorje ci sia la grazia. Non si può negare. C’è gente che si converte. Ma c’è anche la mancanza di discernimento e non voglio dire peccato perché la gente non sa mai fino a che punto è peccato, ma, per lo meno, la mancanza di discernimento». Bisogna comunque ricordare, per completezza, che queste affermazioni del Papa sono del dicembre 2013, e dunque precedenti alla lettura delle conclusioni della commissione su Medjugorje presieduta dal cardinale Camillo Ruini . Il gruppo di lavoro, composto da vescovi, teologi e mariologi, ha esaminato tutta la documentazione e interrogato veggenti e testimoni. A conclusione delle sue ricerche, nel gennaio 2014, ha proposto di riconoscere la validità delle primissime apparizioni. Il Papa ha pubblicamente elogiato il lavoro della commissione Ruini. Com'è noto, Francesco nel maggio 2018 ha nominato l’arcivescovo polacco Henryk Hoser, «visitatore apostolico a carattere speciale per la parrocchia di Medjugorje», un suo rappresentante permanente incaricato della cura dei fedeli che si recano nel santuario.   
  
“È mia Madre. Incontri con Maria” 

 Autore/i Papa Francesco (in dialogo con Alexandre Awi Mello), Alexandre Awi Mello
Fin dall’inizio del suo pontificato, Papa Francesco ha sorpreso tutti con la sua personalità semplice e travolgente. Si è scritto molto su di lui. Mancava ancora, però, la descrizione e l’analisi di una dimensione fondamentale – forse non sempre percettibile – della sua fede e della sua azione pastorale: il suo rapporto con la Vergine Maria. Francesco imparò ad amare la Madonna insieme al popolo e, nel suo ministero pastorale, pratica una mariologia applicata alla vita. A partire da un’intervista personale concessa all’autore, Francesco descrive i suoi incontri con la Madonna, dalla sua infanzia fino alla sua missione attuale come Vescovo di Roma. Parla delle sue preghiere e devozioni mariane preferite, dell’importanza dei santuari mariani, del valore della pietà popolare, del ruolo della donna e di Maria nella Chiesa, oltre ad affrontare altri temi di attualità. L’autore riesce a capire il pensiero e il cuore mariani del Papa e invita il lettore a fare questo percorso.

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